Sembrano due mondi differenti,
che hanno poco o nulla in comune,
e invece tra dieta e mente
corre una relazione profonda,
fatta di reciproco scambio. Esistono alimenti,
infatti, che possono avere un ruolo
chiave nella genesi di alcuni disturbi
neurologici, come emicrania, schizofrenia,
depressione, de cit dell’attenzione,
mancanza di coordinazione muscolare e
autismo.
È il caso del glutine, per esempio, che
molti studi correlano a patologie più o meno
gravi del sistema nervoso centrale, ma
anche dello zucchero bianco, che in base
ad alcune ricerche ridurrebbe l’attività
di una proteina prodotta dal cervello
(il Bdnf, che sta per Brain-derived neurotrophic
factor), preziosa per memoria, apprendimento
e sviluppo neuronale.
«Già gli antichi dicevano Mens sana in
corpore sano, riconoscendo uno stretto legame
tra mente e corpo», ricorda il professor
Aldo Quattrone, presidente della Società italiana di neurologia (
www.neuro.it). «In effetti, le abitudini a tavola
possono influenzare il nostro cervello,
a partire dalle funzioni come memoria,
ragionamento, linguaggio e orientamento:
alcuni disturbi cognitivi, così come le
malattie cerebrovascolari, in particolare
l’ictus, hanno tra i fattori di rischio una
dieta ricca di proteine e condimenti di origine
animale, sale e cibi ad alto contenuto
di grassi».
La spiegazione sta nel fatto che l’eccessivo
apporto calorico può provocare ipertensione,
colesterolo alto, obesità, diabete:
tutte condizioni che predispongono
alla graduale chiusura delle arterie che
portano sangue e ossigeno alle cellule, incluse
quelle del cervello, danneggiandole
irreparabilmente.
Un pieno di principi attivi
Al contrario, il vero toccasana è un’alimentazione
ispirata alla dieta mediterranea,
caratterizzata da un elevato consumo di frutta e verdura, cereali e legumi,
oltre che da un consumo regolare di pesce.
«Le più recenti evidenze scienti che
dimostrano che questo stile di vita si associa
a un ridotto rischio di sviluppare demenza,
soprattutto di tipo vascolare, ma
anche degenerativo come il morbo di Alzheimer
», riferisce Quattrone.
In questa direzione, sono sconsigliabili
le scelte privative: chi esclude intere categorie
di alimenti, come vegetariani o vegani,
alla lunga rischia di manifestare la carenza
di alcuni micronutrienti essenziali,
soprattutto vitamine del complesso B.
In particolare, livelli troppo bassi di B12
possono favorire l’accumulo nel sangue di
omocisteina, una sostanza che in eccesso
risulta tossica per vasi e neuroni. «Gli integratori
non sembrano in grado di compensare
il deficit, forse per caratteristiche
legate al metabolismo della vitamina B12
di provenienza animale», spiega Quattrone.
«Anche per questo, nei prossimi anni,
non possiamo escludere un incremento
di disturbi neurologici per la tendenza
culturale sempre più di usa e rivolta a un
approccio alimentare vegetariano».
Dalla somma di queste considerazioni,
derivano le cinque principali raccomandazioni
dietetiche per un cervello in salute,
che elenchiami qui di seguito.
Consumare almeno due porzioni di
verdura e tre di frutta al giorno. Una porzione
di verdura corrisponde a 250 grammi
se cotta o 50 grammi se cruda, mentre
una porzione di frutta si riferisce a 150
grammi.
Consumare pesce almeno due volte alla
settimana. Vanno preferiti in particolare
pesce azzurro, salmone, pesce spada,
tonno fresco, sgombro, halibut o trota:
complessivamente, almeno 400 grammi.
Ridurre il consumo di grassi e condimenti
di origine animale.
Si possono sostituire con quelli vegetali, in particolare
l’olio extravergine di oliva.
Ridurre l’apporto di sale nella dieta.
Ogni giorno, non bisogna superare i 5
grammi, limitandone l’uso nella preparazione
degli alimenti e non aggiungendone
a tavola.
Non abusare dell’alcol. Non vanno superati
i due bicchieri di vino al giorno per
gli uomini e un bicchiere per le donne
(non in gravidanza), da consumare preferibilmente
durante i pasti principali.
Etichetta, la prova del nove
Prodotti tipici e biologici danno ulteriori
garanzie? «Ovviamente, qualsiasi riconoscimento
comunitario costituisce
una rassicurazione per il consumatore,
che sa di acquistare alimenti di qualità,
rispondenti a determinati requisiti e prodotti
nel rispetto di precisi disciplinari»,
commenta Quattrone. «In generale, comunque,
deve essere l’etichetta a fare da
discriminante, perché racconta la storia
di un cibo, dove è stato prodotto e cosa
contiene».
Anche perché, al di là della prevenzione,
alcuni nutrienti possono scatenare
disturbi nei soggetti sensibili e predisposti,
oppure avere un’in uenza negativa
sulle malattie neurologiche già esistenti.
Fra gli esempi più noti c’è l’emicrania,
che in alcuni individui può presentarsi
con facilità dopo aver assunto, anche
a dosi modeste, cibi come la cioccolata,
il vino rosso, la frutta secca e i formaggi
stagionati.
«Nell’ambito del morbo di Parkinson,
invece, i pasti troppo proteici possono diminuire
l’efficacia della levodopa, il più
importante farmaco utilizzato per la cura
della malattia, così come in certi disturbi
del sonno, che comportano russamento
e alterazione della ventilazione, è opportuno
evitare alcol e pasti abbondanti nelle
ore serali», conclude Quattrone. «Se è
vero che la sola modi ca dell’alimentazione
non sarà mai in grado di scon ggere
del tutto le varie malattie, frutto di
una complessa interazione fra genoma
individuale e ambiente, allo stesso tempo
possiamo sicuramente affermare che
una buona dieta può diminuire il rischio
che queste patologie si manifestino».