Grande clamore, ma poi di sostanza poca o quasi nulla. A guardare la
storia dei registri sulle unioni civili in Italia e in particolare
l’aspetto del riconoscimento in qualche forma delle unioni dello stesso
sesso, questo è quanto emerge.
Numeri piccoli, una storia di pochi. E lì dove l’iniziativa è nata
proprio per battaglie “di non discriminazione” si registrano proprio i
piu’ clamorosi insuccessi.
Due anni fa il registro delle coppie di fatto a Milano:
grandi battaglie in aula, il rischio serpeggiante di spaccatura nella
maggioranza di centro sinistra – la giunta arancione di Pisapia - tra la
componente laica piu’ oltranzista e quella cattolica che mirava a una
mediazione. Con l’arcidiocesi che frenava e metteva in guardia
sull’inutilità di un simile provvedimento.
Poi lo zampino audace del sindaco Pisapia mise a posto tutto. E il
registro passò in piena estate. Tra le prime unioni registrate quelle di
due uomini, il giornalista Paolo Hutter e il suo compagno e di due
donne, di cui una era la figlia di Vecchioni. Risultato? Ad oggi ad
essersi iscritte sono solo 481 coppie. Di queste, 85 sono composte da
due uomini, 46 da due donne.
Vero colpo di mano quello accaduto in due Municipi di Roma,
il primo e l’undicesimo. Qui con una maggioranza di sinistra e
l’astensione dell’Udc sono passati due registri: quello delle coppie di
fatto e quello sul testamento biologico. «I numeri li abbiamo chiesti ma
fanno melina» commenta l’assessore comunale alla famiglia Gianluigi De
Palo.
Bologna è da sempre città in cui il movimento
omosessuale ha trovato accoglienza. Di tre mesi fa la provocazione: 78
coppie gay hanno inscenato un provocatorio matrimonio al circolo Arci
del Cassero. E dire che qui le cose si fan sempre da antesignani, ma non
è detto che riescano: il registro per le unioni di fatto c’è da ben
dodici anni, ma non si è iscritto quasi nessuno.